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Dopo le anteprime ad ArtVerona e Artissima, la Fondazione THE BANK ETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea viene presentata ufficialmente a Bassano del Grappa (VI), all’interno dell’ex filiale della Banca Commerciale Italiana in cui trovano sede la Fondazione stessa e temporaneamente il costituendo Museo della Pittura Contemporanea.

Due le mostre inaugurali, in programma dal 18 novembre 2023 al 29 febbraio 2024: un’ampia panoramica sulla pittura contemporanea e un focus dedicato all’artista Michele Moro.

Nella gallery #1 della Fondazione THE BANK ETS è allestita la mostra Pittura segreta, a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Paolo Zanatta, con opere di oltre sessanta pittrici e pittori contemporanei facenti parte della collezione permanente, per una disamina che va oltre le geografie e le dinamiche del mercato, ponendo in primo piano la qualità della ricerca, con una particolare attenzione anche agli autori outsider.

Parallelamente, la gallery #2 della Fondazione viene riservata all’artista Michele Moro, autore di un progetto espositivo curato da Cesare Biasini Selvaggi. Una galleria di ritratti dove ogni esistenza è presentata come un’opera d’arte, ricordando che per viverla appieno occorre affrontare sfide difficili, tentando l’impossibile per guadagnarsi una personale Champions League.

La collettiva Pittura segreta comprende, tra gli altri, i dipinti di Agostino Arrivabene, Romina Bassu, Carla Bedini, Manfredi Beninati, Marco Bettio, Maurizio Bottoni, Danilo Buccella, Alessandro Busci, Saturno Buttò, Nicola Caredda, Guglielmo Castelli, Andrea Chiesi, Angelo Davoli, Paolo De Biasi, Francesco De Grandi, Barbara De Vivi, Ilaria Del Monte, Alex Folla, Giovanni Frangi, Ettore Frani, Greta Frau, Daniele Galliano, Giovanni Gasparro, Laura Giardino, Emanuele Giuffrida, Alfio Giurato, Gabriele Grones, Federico Guida, Giovanni Iudice, Francesco Lauretta, Federico Lombardo, Marco Luzi, Paolo Maggis, Vittorio Marella, Marco Martelli, Andrea Martinelli, Matteo Massagrande, Silvia Mei, Valerio Melchiotti, Marta Naturale, Tommaso Ottieri, Manuel Pablo Pace, Sergio Padovani, Alessandro Papetti, Marco Petrus, Luca Pignatelli, Ettore Pinelli, Leo Ragno, Mauro Reggio, Filippo Robboni, Enrico Robusti, Elisa Rossi, Giuliano Sale, Chiara Sorgato, Cristiano Tassinari, Lorenzo Tonda, Nicola Verlato, Daniele Vezzani, Velasco Vitali. Completano il percorso espositivo le sculture di Ettore Greco e Marco Fantini.

«Gli autori selezionati mostrano la rivoluzione silenziosa e “segreta” della pittura, in particolare di quella figurativa, la sua capacità di rinnovarsi nel tempo, muovendosi sui sentieri accidentati quanto effimeri del presente in divenire», evidenzia Paolo Zanatta, conservatore delle collezioni. «Una rivoluzione silenziosa, segreta, operata nella pratica assidua della pittura, quotidiana, in ore e ore trascorse a cavalletto, in studi lontano dalle luci della ribalta e delle pubbliche relazioni a oltranza, dalle speculazioni commerciali», dichiara Cesare Biasini Selvaggi, segretario generale della Fondazione.

Tutti i pittori riuniti, tutt’altro che in difesa della tradizione contro il progresso, dell’ordine contro l’avventura, riflettono direttamente o incidentalmente sui problemi legati al medium, alla metapittura (la sua estensione semantica, per esempio, dai territori dell’installazione a quelli della scultura e della videoarte), al rapporto tra figurazione e astrazione. Ci sono quadri intesi ora come dispositivi di rappresentazione ora come presenze nella loro dimensione oggettuale, immersi nell’alveo della ridefinizione di alcuni generi tradizionali della storia dell’arte, oltre che nell’appropriazione consolidata di temi e di generi provenienti da altri ambiti linguistici, dalla letteratura e dal cinema fino ai video musicali e all’animazione digitale.

Si tratta di una ricerca pittorica che si muove fondendo in maniera indissolubile la vicenda esistenziale con l’essere artista. Si tratta di casi di sovrapposizione tra arte e vita, sul modello di quello, ancora più radicale, incarnato da Joseph Beuys. Per la maggior parte di loro significa tornare indietro a un tempo senza storia e a luoghi ancestrali nei quali vi è il dominio incorrotto della natura; luoghi dove dominano le emozioni e prevalgono l’empatia, la spontaneità e i sentimenti più genuini. I temi inventariati comprendono il mito innocente e selvaggio che si svela nella campagna, l’io fanciullo e il tempo dell’infanzia, lo spirito di auto-rappresentazione dei luoghi e delle comunità, la memoria individuale e quella collettiva, la storia interiore o l’identità svelata, le contraddizioni che rimandano ai valori archetipi dell’esistere, il sogno e la percezione reale, in cui allegorie e simboli sono il trait d’union per sintonizzarsi.

La visita prosegue nella gallery #2 con la personale Champions League di Michele Moro. Diciotto dipinti ad olio su tela sono i protagonisti di una mostra che presenta una serie tra le più significative del pittore, cultore della qualità e del “ritorno al mestiere”, testimone e custode dei valori dell’arte.

L’umanità di Moro si svela «nell’apparizione di cose e figure in scene visionarie dal fascino pop-surreale che attingono a varie suggestioni, dai ricordi di persone che hanno costellato la vita dell’artista nel quotidiano accostando a essi simboli e contenuti sorprendentemente contemporanei, definendo un racconto originale e personale», scrive Rebecca Delmenico in catalogo. «Ogni ritratto è il modo in cui l’artista interpreta il soggetto, proiettandolo nel suo universo emblematico sospeso in una surrealtà schizoide, i cui elementi circoscrivono un clima che Moro definisce punk e, al contempo, lirico».

«Moro rappresenta il prototipo di artista che la Fondazione THE BANK ETS ama, ed è quindi immediatamente entrato a far parte del gruppo di artisti con cui noi abbiamo un rapporto diretto, direi quasi intimo. Perché quando ci si ritrova (l’artista e noi) dentro una tela, si condividono emozioni, nasce un rapporto con l’artista che non può che essere intimo. È una sorta di confessione reciproca, che diventa complicità, amicizia e comune aspirazione affinché quello che la tela racconta, quello l’artista racconta, possa essere conosciuto e condiviso anche dal pubblico. L’esposizione, in questo senso, diventa per l’artista un modo per confermare la propria esistenza, una sorta di liberazione dalla propria solitudine: espongo e quindi sono, esisto. C’è sicuramente anche una giusta e necessaria componente di ambizione, che non diventa comunque mai predominante», afferma Antonio Menon, presidente della Fondazione.

L’esposizione propone una raffinata scelta di ritratti di Moro, un excursus che prende le mosse dalle lezioni di Leonardo e dei suoi epigoni – come Giuseppe Arcimboldo – intrecciandola con il naturalismo di Annibale e Agostino Carracci, attraversando la trionfale ripresa del genere presso i pittori veneti della prima metà del Settecento, da Marco Ricci a Giovan Battista Tiepolo, fino alla ricerca di Francis Bacon nella ritrattistica metamorfica.

«Il bello rappresentato dall’io nella ritrattistica di Moro è presente in qualsiasi forma che, di per sé, può essere considerata non-bella, non-convenzionale, addirittura brutta. È questa la personale ricerca del sublime dell’artista», dichiara Cesare Biasini Selvaggi, curatore della mostra.

«Mentre tutti ci guardavano con sospetto e un po’ di compassione perché restavamo incantati dai soggetti di Moro, scoprivamo che il nostro amico trevigiano era pure più “concettuale” di qualsiasi informale che abbiamo visto passare a cifre incredibili nelle varie aste. Perché Moro ci racconta la verità ridendo, e sotto il suo sorriso prevedeva il disagio della Brexit, il disastro delle banche venete e della finanza occidentale, ma era anche ambientalista vero ante litteram, prima di ogni Greta, prima di ogni protocollo verde, in anticipo sui catastrofisti del riscaldamento globale, con le sue canottiere e le sue corse matte e disperatissime, sempre in fuga da una realtà che non basta mai. THE BANK non poteva non intercettare un talento di tale portata, perché sta proprio nel codice genetico della collezione questo andare contro i tempi, contro i luoghi e in qualche misura contro le mode che hanno lasciato ai margini molti artisti affini a Michele Moro», evidenzia Paolo Zanatta nel suo contributo in catalogo.

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