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Un mondo immediato quello dei macchiaioli; un mondo la cui essenza racconta dei valori dell’uomo, dell’uomo eroico e instancabile, della sua forza e del suo coraggio, della sua voglia di ripar tire giorno dopogiorno a dispetto di qualsiasi difficoltà. Pieno di sogni ed emozioni vitali, forte di un’anima potente e vera che da sempre contrasta la morte, anche l’uomo di oggi è un uomo “macchiaiolo”, che sa cogliere la vita in modo pieno, totale e profondamente eroico. Le pescivendole di Signorini, il merciaio di La Spezia, l’erbaiola di Fattori, le signore al sole di Cabianca, le bambine che fanno le signore di Lega, la gente al mercato di via del Fuoco, le madri raggianti e piene di vita, i bambini colti nel sonno, la donna che legge il giornale: i protagonisti delle splendide opere in esposizione a Palazzo Zabarella dal 24 ottobre al 18 aprile 2021siamo noi, gli uomini e le donne di oggi, macchiaioli ieri, macchiaioli oggi; instancabili, pieni di emozioni e pulsioni vitali. Cosa significa macchiaiolo? Macchiaiolo è sinonimo di “vita”; quella vita che è la forza stessa dell’amore che pervade ogni cosa e che contrasta la morte, irradiando ovunque la luce dell’Essere. I Macchiaioli già nell’800 seppero vedere oltre, il loro sentire profondo e umano è esaltazione di ogni singolo attimo di vita quotidiana. Anticiparono Monet, van Gogh, Gauguin…nel loro modo di rappresentare ed esaltare la relazione umana in tutto il suo reale valore, in tutto il suo “eroismo”. Luce, sole, nuvole, balconi fioriti, bucato steso ad asciugare, giovani donne che guardano assorte il paesaggio che si disegna fuori dalla finestra: sono immagini di un’Italia datata Ottocento, ancora incompiuta, sotto il profilo socio-politico, ma iconicamente riconoscibile, segno concreto di un’identità precisa e amata. Sono immagini che, dal fondo del diciannovesimo secolo, ci vengono incontro oggi, a delineare un’Italia profondamente segnata dalla pandemia: oggi come allora abbiamo davanti agli occhi la luce del sole, il bianco delle lenzuola, i balconi fioriti, quello a cui ci siamo aggrappati durante i giorni della quarantena, nel desiderio di sfuggire così alla paura e all’angoscia. L’Italia dei macchiaioli, dunque, si sovrappone a quella del “dopo pandemia”, ancora più “affamata” di bellezza, di libertà, di impegno, di luce, di sole. Nel desiderio di ritrovare antiche radici dalle quali poter rifiorire. Una mostra sui macchiaioli, tanto amati e popolari, ma con molti segreti ancora da svelare, con storie e personalità da far scoprire, appare più che mai consona ad una stagione culturale di “ripartenza” per l’intero nostro Paese. Una rassegna che non si accontenti di essere semplicemente accattivante, capace di catturare un pubblico sempre più vasto, di essere insomma una mostra-evento. Ma il cui intento sia quello di riaprire un capitolo importante della nostra storia artistica e lo arricchisca servendosi di punti di vista inediti e di una ricerca scientifica rigorosa, attraverso fonti spesso trascurate. Ossia quella rappresentata dalla nutrita schiera di collezionisti e di mecenati, una fitta rete intessuta intorno a maestri noti come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, e altri meno noti, ma non meno significativi, come Adriano Cecioni, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi, Vincenzo Cabianca.
La Mostra nella prestigiosa sede di Palazzo Zabarella si intitola “I MACCHIAIOLI. Capolavori dell’Italia che risorge” dal 24 ottobre 2020 al 18 aprile 2021. Si apre agli occhi dei visitatori un mondo affascinante e ricco di stimoli, il mondo degli artisti che si muovono tra Firenze, Roma, Milano, Venezia, le spiagge e le colline, le campagne e i borghi, e dei loro amici e sostenitori, lontano dai riconoscimenti della critica ufficiale, grazie alla loro audace rivoluzione visiva. Tutto questo, grazie a una serie di accurate ricerche, condensato appunto nella mostra curata da Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca, con il decisivo contributo in catalogo di Silvio Balloni e Claudia Fulgheri. Opere famose, intensi capolavori, accanto a quadri che offrono sguardi inediti. Nel percorso di Mostra si incontrano finalmente personaggi che hanno affiancato e sostenuto il lavoro dei maestri: colleghi pittori che ne hanno subito intuito la portata innovativa e di sicuro valore artistico, come Cristiano Banti, Michele Gordigiani, Ernesto Bertea. Amici mecenati che spesso li accolsero nelle loro famiglie, come i Cecchini, i Bandini, i Batelli, che tanta parte hanno avuto nella tormentosa vicenda biografica di Signorini. Un posto speciale è quello occupato da Diego Mar telli, critico e letterato, che non solo ha sempre attivamente sostenuto i macchiaioli, ma ha preparato per loro, in un certo senso, un luogo d’elezione, un luogo del cuore e di ispirazione: la sua casa a Castiglioncello, aperta sempre per tutti loro, trasformando un borgo per le vacanze borghesi in un simbolo della creatività e libertà di visione. Le sue coste, le sue spiagge, le rocce e le case di pescatori sono diventate familiari, patrimonio collettivo di bellezza e di luce che possiamo tornare a contemplare, dopo il buio di questi mesi.

I Macchiaioli, incarnando lo spirito di un’Italia appena nata, carichi di speranze ed entusiasmo, liberi e spavaldi nella loro pittura di impegno sociale e civile si mettono in Mostra a Palazzo Zabarella proprio in un periodo che rispecchia quello in cui si trovarono a muoversi nell’800, un periodo in cui la forza e la reattività sono salienti e indispensabili per rimettere in moto il motore del nostro Paese. Originali e rivoluzionari. Proprio ora in un periodo cosi impegnativo si sente il bisogno di ammirare le loro opere così cariche di emozione e di vita, quella vita vera che risiede nell’anima di ognuno di noi. Solo alla fine degli anni settanta si cominciò a definirli idealisti allineati al proprio tempo; quel tempo che li vide impegnati nella rappresentazione di una quotidianità cosi vitale ed importante, nella rappresentazione di valori ed emozioni che legano da sempre l’umanità. Le opere di Giovanni Fattori e Silvestro Lega definiti classici e reazionari insieme, di Telemaco Signorini così intenso e quotidiano, di Giovanni Boldini così fascinoso e ricco di dettagli nell’interpretazione delle figure maschili e femminili, si affiancano a quelle dei meno noti Adriano Cecioni, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi, Vincenzo Cabianca pittori da riscoprire insieme a Palazzo Zabarella, pittori che evocano sensazioni forti, valori profondi che da sempre appartengono all’umanità e che oggi più che mai si fanno sentire dentro tutti noi. Rinaldo Cornielo, scultore di origine veneta trapiantato a Firenze, fu il primo collezionista dallo spirito genuino e interpretativo che li rivalutò sulla scena dell’arte proprio nel periodo in cui l’Italia si era aperta alle novità europee: periodo in cui furono esposte grandi opere di Pissarro e Manet nella mostra internazionale della Società Donatello. I Macchiaioli sperimentarono la pittura all’aria aperta per ottenere una rappresentazione diretta e naturale della realtà, ragionavano “di tocco, di impressione, di valore e di chiaroscuro”. Assidui frequentatori del Caffè Michelangiolo a Firenze, luogo in cui si dilettavano nel racconto di strepitose avventure, spavaldi e pieni di voglia di vivere, le loro pennellate sono luminose e guizzanti: la rappresentazione della realtà contemporanea è forte di chiaroscuri e di macchie dense di luce e colore che vogliono esprimere l’emozione forte che in loro scatenava l’incontro con altri esseri umani o la vista di paesaggi e scene di vita vera che amavano dipingere e analizzare su tela. La violenza dei contrasti cromatici e chiaroscurali è in stretto rapporto con la carica vitale e potente che questi artisti portavano dentro di sé. Le scene di accampamenti e bivacchi, di scaramucce e battaglie permise loro di mettere alla prova l’originalità del loro stile nel confronto con la realtà. Signorini, Cabianca e Banti sorretti dal giovanile entusiasmo che li caratterizzava, in vacanza al mare, “si sfogarono a trattare gli effetti di sole, dipingendo delle donne portanti delle brocche di acqua in capo sotto l’ombra di un arco, di tono sul mare, sul davanti del quadro. Sperimentare è la loro parola d’ordine; “Il merciaio di La Spezia o “una mattinata sull’Arno. Renaioli” sono esempi della potenza espressiva di Signorini in grado di declinare la macchia con straordinaria disinvoltura fino ad evocare con sorprendente attinenza il variare dei toni luminosi esaltati dai bianchi delle camicie e dei copricapo, dal colore intenso dell’Arno cui fanno da felice controcanto le nuvole ariose che solcano il cielo di un purissimo azzurro. L’ansia intellettuale del pittore proteso ad indagare sempre nuove realtà scaturisce dalle loro opere e investe chi lo ammira con potenza e forza. La fatica del lavoro umile, la lirica bellezza dei paesaggi, le scene materne così intense e potenti, il disagio sociale reso con intensità e valore: tutto questo caratterizza i Macchiaioli, veri Eroi della loro epoca che con dignità e caparbietà diventarono veri protagonisti della scena artistica italiana. Il linguaggio macchiaiolo, distesamente articolato e comunicativo, affida alla naturalistica resa dei fenomeni luminosi i valori compositivi ed emozionali del dipinto. Per Signorini l’Arte è espressione della sincerità individuale, eminentemente fondata sullo studio della natura nell’intento di cercare in essa quei momenti che esprimono un carattere e ispirano un sentimento speciale anche a scapito di non essere intesi dal pubblico.

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